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第1篇 无畏的小乔万尼
从前,有一个小伙子,天不怕地不怕,被人称作无畏的小乔万尼。他游历世界,有一次来到一家小店过夜。店主说:“这里没有空房了,不过,你要是不怕,我带你去一幢楼住。”
“我为什么要怕,没有一个人能从哪里活着出来。每到早晨,修道士就带着棺材去给敢于在楼里过夜的人收尸。”
好小子!带着一盏灯、一瓶酒和一根香肠就去了。
半夜,他正坐在桌子旁吃着,从烟囱里传来了一个声音:“我下来?”
小乔万尼回答:“下来吧!”
从烟囱上掉下来一条人腿。小乔万尼喝了一杯酒。
随后那个声音又说:“我下来?”
小乔万尼说:“下来吧!”另一条腿也掉下来了。小乔万尼咬了一口香肠。
“我下来?”
“下来吧!”掉下来一只胳膊。小乔万尼吹起口哨。
“我下来?”
“下来吧!”掉下来另一只胳膊。
“我下来?”
“下来吧!”
掉下来一个身子,与胳膊、腿接在一起,连成一个没有脑袋的人站立起来。
“我下来?”
“下来吧!”
脑袋掉了下来,蹦到了身子上。这是一个巨人,小乔万尼举起酒杯说:“为你的健康干杯!”
巨人道“拿着灯,来。”
小乔万尼拿起灯,但没动。
“你在前边走!”巨人说。
“你先走。”小乔万尼说。
“你先走!”巨人说。
“你先走。”小乔万尼说。
于是,巨人先动了,一间屋挨一间屋地穿过这幢楼,小乔万尼跟在后边照着亮。来到楼梯下的一间小屋,面前出现一扇小门。
“打开!”巨人对小乔万尼说。
小乔万尼说:“你去开!”
巨人对肩膀撞开门。里边有一个盘旋式的小楼梯。
“下去。”巨人说。
“你先下。”小乔万尼说。
来到地下室,巨人指着地上的一块石板:“搬起来!”
“你搬!”小乔万尼说。巨人像捏小石子一样搬走了石板。
下边是三罐金币。巨人说:“抬起来!”
“你抬!”小乔万尼说。巨人一次一个地把它们抬了上来。
他们回到那个有烟囱的客厅,巨人说:“小乔万尼,我的法力失灵了!”说着,一条腿卸了下来,踢上了烟囱。“这三罐金币中的一罐给你,”说着,卸下来一只胳膊,胳膊爬上了烟囱。“另一罐给那些来替你收尸的修道士,”另一只胳膊卸了下来,跟着前边那只爬上了烟囱。“第三罐金币送给从这里经过的第一个穷人,”另一条腿也卸了下来,巨人的身子坐在了地上。“这幢楼就归你了,”巨人的身子也卸了下来,只剩下脑袋立在地上。“因为拥有这幢楼的那个家族的人永远地消失了。”说完,巨人的脑袋升了起来,升上烟囱里了。
天刚亮,就听到有人在唱:上帝怜悯我们,上帝怜悯我们。正是那群教士带着棺材来收小乔万尼的尸首。他们看见小伙子正在窗口抽烟斗呢。
无畏的小乔万尼有了那些金币成了富人,他快乐地住在那幢楼里。直到有一天,他仅仅因为一转身,看见了自己的影子,被吓死了。
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(以下为原本)
1. Giovannin senza paura
C'era una volta un ragazzetto chiamato Giovannin senza paura, perché non aveva paura di niente. Girava per il mondo e capitò a una locanda a chiedere alloggio. - Qui posto non ce n'è, - disse il padrone, - ma se non hai paura ti mando in un palazzo.
- Perché dovrei aver paura?
- Perché ci si sente, e nessuno ne è potuto uscire altro che morto. La mattina ci va la Compagnia con la bara a prendere chi ha avuto il coraggio di passarci la notte.
Figuratevi Giovannino! Si portò un lume, una bottiglia e una salciccia, e andò.
A mezzanotte mangiava seduto a tavola, quando dalla cappa del camino sentì una voce: - Butto?
E Giovannino rispose: - E butta!
Dal camino cascò giù una gamba d'uomo. Giovannino bevve un bicchiere di vino.
Poi la voce disse ancora: - Butto?
E Giovannino: - E butta! . e venne giù un'altra gamba. Giovannino addentò la salciccia.
- Butto?
- E butta! - e viene giù un braccio. Giovannino si mise a fischiettare.
- Butto?
- E butta! - un altro braccio.
- Butto?
- Butta!
E cascò un busto che si riappiccicò alle gambe e alle braccia, e restò un uomo in piedi senza testa.
- Butto?
- Butta!
Cascò la testa e saltò in cima al busto. Era un omone gigantesco, e Giovannino alzò il bicchiere e disse: - Alla salute!
L'omone disse: - Piglia il lume e vieni.
Giovannino prese il lume ma non si mosse.
- Passa avanti! - disse l'uomo.
- Passa tu, - disse Giovannino.
- Tu! - disse l'uomo.
- Tu! - disse Giovannino.
Allora l'uomo passò lui e una stanza dopo l'altra traversò il palazzo, con Giovannino dietro che faceva lume. In un sottoscala c'era una porticina.
- Apri! - disse l'uomo a Giovannino.
E Giovannino: - Apri tu!
E l'uomo aperse con una spallata. C'era una scaletta a chiocciola.
- Scendi, - disse l'uomo.
- Scendi prima tu, - disse Giovannino.
Scesero in un sotterraneo, e l'uomo indicò una lastra in terra.- Alzala!
- Alzala tu! - disse Giovannino, e l'uomo la sollevò come fosse stata una pietruzza.
Sotto c'erano tre marmitte d'oro. - Portale su! - disse l'uomo.
- Portale su tu! - disse Giovannino. E l'uomo se le portò su una per volta.
Quando furono di nuovo nella sala del camino, l'uomo disse: - Giovannino, l'incanto è rotto! - Gli si staccò una gamba e scalciò via, su per il camino. - Di queste marmitte una è per te, - e gli si staccò un braccio e s'arrampicò per il camino. - Un'altra è per la Compagnia che ti verrà a prendere credendoti morto, - e gli si staccò anche l'altro braccio e inseguì il primo. - La terza è per il primo povero che passa, - gli si staccò l'altra gamba e rimase seduto per terra. - Il palazzo tientelo pure tu, - e gli si staccò il busto e rimase solo la testa posata in terra. . Perchè dei padroni di questo palazzo, è perduta per sempre ormai la stirpe, - e la testa si sollevò e salì per la cappa del camino.
Appena schiarì il cielo, si sentì un canto: Mieserere mei, miserere mei, ed era la Compagnia con la bara che veniva a prendere Giovannino morto. E lo vedono alla finestra che fumava la pipa.
Giovannin senza paura con quelle monete d'oro fu ricco e abitò felice nel palazzo. Finché un giorno non gli successe che, voltandosi, vide la sua ombra e se ne spaventò tanto che morì.
note
Inizio la raccolta con una fiaba per la quale, a differenza che per tutte le altre, non cito la versione che ho seguito, perché le versioni delle varie regioni italiane sono molto simili e io mi sono tenuto liberamente alla tradizione comune. Non solo per questo mi piace metterla per prima, ma anche perché è una delle fiabe più semplici ed anche, per me, una delle più belle. Non fa una grinza, come il suo imperturbabile protagonista; si distingue dalle innumerevoli <storie di paure>, a base di morti e di spiriti, perché dimostra verso il sovrannaturale una tranquilla fermezza che dà tutto per possibile, senza sottostare alla soggezione dell'ignoto. E poi mi piace cominciare con questa perché è forse l'unica di cui ho un ricordo famigliare: rammento che mio padre ne parlava come d'una storia da lui sentita da ragazzo, da vecchi cacciatori nell'antico dialetto di Sanremo. (Ma era da un albero che cadevano gli arti umani, <A geccu?> <E gecca!>). La tradizione italiana in genere segue uno schema di racconto che mi pare si distacchi notevolmente da quello - più diffuso in Europa - della Storia di uno che andò in cerca della paura dei GRIMM (4; più vicina forse alla nostra 80). Il tipo pare certo sia d'origine europea; non si ritrova in Asia. La sparizione dell'uomo a pezzo a pezzo non è nella tradizione; l'ho messa io di mia invenzione, per simmetria con l'apparizione a pezzo a pezzo. Il finale dell'ombra l'ho preso da una versione senese (DEGUB. 22), e non è che una semplificazione del finale più diffuso: a Giovannino dànno un unguento per riappicciacare le teste tagliate; lui si taglia la sua e la riappiccica all'incontrario; si vede il didietro e ne prende tanta paura che ne muore.
Ho visto versioni, spesso non lo stesso titolo, raccolte tutte nell'Italia settentrionale e centrale: Lombardia (TIRAB. Gioani senza pura), Veneto, Friuli, Trentino, Venezia Giulia (G.L.PATUZZI, A proposito d'una fiaba, Verona 1895; ZORZ.p.162; SCHN.52; PING.12), Emilia (CORON.S.33), Liguria (ANDR.15,55), Toscana (NER.44, DEGUB.22, PITRE'T.40), Marche (COMP.12, combinata coi tre doni magici). in Sicilia c'è la fiaba del ciabattino, leggermente diversa (GRIS.17).
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